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ph Chiara Caterina

PARADISE

concept, regia, coreografa Francesco Marilungo

con Francesco Marilungo, Francesco Napoli
video Chiara Caterina

suono, luci Francesco Marilungo

in collaborazione con Compagnia di Danza Enzo Cosimi, Mosaico Danza, CSC Bassano del Grappa, ACS Abruzzo Circuito Spettacolo

co-produzione Danae Festival

 

con il contributo di Next 2015 Regione Lombardia e C.L.A.P. Spettacolo dal vivo

durata 40′

progetto fnalista a DNAppunti Coreografci – Romaeuropa Festival e selezionato dalla rete Anticorpi-XL per la Vetrina della Giovane Danza d’Autore 2016

“Paradiso è il luogo della nostalgia in senso biblico, ma oggi anche una parola molto abusata.Ovunque viene promesso il paradiso e tutti ricercano il proprio.”
(Ulrich Siedl)

Come si raggiunge il proprio Paradiso?

È solo in tempi relativamente recenti che si parla apertamente di masochismo, quel germe presente in ognuno di noi che esprime la nostra necessità di passare attraverso il dolore, in forme ed intensità che ci garantiscano massima gratifcazione individuale, per la nostra ancestrale ricerca della felicità.

Il vacuum-bed, uno degli strumenti tipici delle pratiche BDSM, rende concreta questa necessità: è infatti uno dei tanti possibili feticci necessari per innescare quel processo di disconoscimento del reale per attivare il sogno e sospendere il masochista nell’ideale. La perversione alla base del suo utilizzo, l’ipossiflia, cioè il piacere derivante dalla deprivazione d’ossigeno, permette quel “munirsi di ali e fuggire dal sogno” di cui parlava poeticamente Masoch, quell’invito alla ricerca della felicità, una felicità impossibile da raggiungere se non nel proprio Paradiso.

Ancora oggi, i concetti di feticcio e di masochismo con il loro immaginario iconografco stratifcato nel tempo si annidano nel cuore della modernità, al centro dell’uomo contemporaneo, continuando a dare nuove declinazione alla concezione di corpo e desiderio.

Silvia Poletti, A Ravenna si danza in Vetrina, DelTeatro, 29 settembre 2016

[…] tra la ‘trovata’ forte e la necessità di investigare, anche esteticamente, il mondo oscuro di una sessualità borderline, forse il pezzo che si staglia tra tutti è ‘Paradise:Part 1’ di Francesco Marilungo, in cui il corpo del danzatore imprigionato in un lenzuolo di lattice e piegato al volere del partner diventa una tragica scultura berniniana, spirito e corpo incastrato in pieghe voluttuose, mistiche e insieme ambigue.

 

Alessandra Corsini, Tra quotidiano e intimità. “Everything is ok” di D’Agostin e “Paradise” di Marilungo, Altrevelocità, 2 Dicembre 2015

Diverso è lo spettacolo di Francesco Marilungo, Paradise, presentato al Danae subito dopo D’Agostin. Formatosi nel corso di Teatrodanza della Civica Scuola Paolo Grassi di Milano e confrontatosi con danzatori e coreografi rinomati (Lisa Kraus, Elena Demyanenko, Julie Anne Stanzak e altri), è interprete stabile nella Compagnia Enzo Cosimi dal 2012 e contemporaneamente inizia un percorso autoriale che unisce performing art, danza e arti visive. Da ingegnere ad artista, Marilungo comincia il suo viaggio personale nella danza con l’assolo Emily (primo premio al Concorso Internazionale di Danza Out d’autore Salicedoro e Premio Armunia) e successivamente con Siegfried. Paradise si apre con Marilungo e il performer Francesco Napoli che camminano verso il centro della scena, qui circoscritto da un quadrato di nastro adesivo, mentre sullo sfondo vengono proiettate le immagini invecchiate e sgranate del discusso e blasfemo film Paradise: Faith di Ulrich Siedl. Vediamo sullo schermo una donna che prega davanti a un crocifisso, Marilungo si stende sul pavimento, sembra un fantoccio senza vita, e Napoli gli pulisce il corpo. Inizia il rito sadomaso: Marilungo entra in un “letto sottovuoto” e appare come una scultura soffocata dal lattice, si contorce sul palco, tenta di respirare, la sua cassa toracica è affannata e il suo fiato è asmatico, ansimante. E mentre Napoli riprende morbosamente con una telecamera alcuni dettagli, vediamo un corpo preso di paura che teneramente si accartoccia in posizione fetale e che si inarca quando è percosso dal piacevole dolore claustrofobico del masochismo. La scultura vivente viene toccata con forza, trascinata, abbandonata, sovrastata. I due corpi si aggrovigliano, si abbracciano violentemente. Comincia il visibilio carnale, l’esaltazione erotica, il masochismo paradisiaco, l’amore pornografico. Ora sono in piedi, le luci sono basse, le loro ombre sono ingigantite sullo schermo, e tra queste due sagome torna una donna sofferente che si frusta, si autoflagella fino a piangere disperatamente. Mentre sul palco c’è il masochismo senza pregiudizi, nelle immagini del film ci sono la frustrazione e il senso di colpa causati dalla religione. Il nostro quotidiano sembra poter essere un quieto vivere in cui ci costringiamo a seguire dei ruoli, ci atteniamo a una morale e a un’etica, a volte celando quello che siamo realmente. Paradise spia nell’intimità dell’uomo contemporaneo, quasi a voler dire che tutti nascondiamo i nostri desideri, le nostre perversioni, e che ognuno di noi costruisce separatamente il proprio mondo, un “paradiso” in cui essere se stessi e in cui scoprirsi.

 

Vincenzo Sardelli, Oltre gli stereotipi di genere, l’arte a tutto tondo di Danae, Krapp’s Last Post, 21 Novembre 2015

Più immateriale, soffusa, con la forza di una preghiera laica, e la danza di Francesco Marilungo (con Francesco Napoli), che in Paradise celebra l’incontro di parti del corpo feticcio con materiali dozzinali come il lattice, da cui sprigiona un’insospettata forza poietica.

 

Angela Bozzaotra, DNA Appunti Coreografici 2015. Visioni di giovane danza italiana, PAC Magazine di Arte & Culture, 28 Ottobre 2015

Durante la serata, sono presenti ben sei giovani coreografi con i propri studi preliminari per una coreografia futura, da mostrare al pubblico in un quarto d’ora per ciascuno. Si parte da Paradise di Francesco Marilungo, dove il coreografo, già danzatore per Enzo Cosimi, dà vita a un incubo di estasi e martirio. Un loop video – dove scorrono alcune sequenze virate in bianco e nero e a ralenti di un film del regista austriaco Urlich Seidl Paradise:Faith (2012) – fa da sfondo alla performance live di due performer. Il primo, lo stesso Marilungo, si avvolge in un sacco nero da cui un vacuum – attrezzo utilizzato comunemente nelle pratiche SM – risucchia l’aria, asfissiandone il corpo in modo coercitivo, lasciandolo respirare a malapena, posto sul pavimento con le braccia ripiegate dietro al capo. L’altro performer, l’ “officiante” del rito, si occupa di azionare la macchina e manipolare gli altri oggetti (vediamo sul perimetro scenico una brocca e un piatto neri, che non verranno però utilizzati). Mentre l’immagine-video ci restituisce la figura sbiadita di una donna che si flagella di fronte a un crocifisso, la figura nera/Marilungo si contorce e si posiziona lentamente in verticale; iniziando un contatto fisico con l’altra presenza, di cui rappresenta l’alter-ego oscuro, la parte rimossa che riaffiora. […] Il Paradise di Marilungo, nel suo spingere l’acceleratore, era forse l’“appunto” più riuscito, in quanto dotato di una struttura concettuale convincente e ben salda sul piano visivo e performativo.